Può sembrare strano ma la fotografia è nata con apparecchi
che non avevano lenti.
L'immagine ripresa veniva proiettata sullo sfondo di una camera oscura
attraverso un forellino.
Oggi in piena era digitale ripercorrere questa strada non è soltanto
un fatto di moda o di controtendenza ma al contrario imparare e riscoprire
i principi base su cui si basano tutti fenomeni di trasmissione della
luce.
Gli apparecchi che permettono di riprendere le immagini
attraverso un forellino vengono detti stenopeici o stenoscopici e sono
costituiti essenzialmente da una scatola chiusa a perfetta tenuta di
luce, dal forellino e da un dispositivo di scatto che nei casi più
semplici può essere anche un pezzetto di cartoncino con del nastro
adesivo.
Ma andiamo per gradi e vediamo che cosa occorre sapere per costruire
un semplice apparecchio stenopeico o stenoscopico, che dir si voglia.
La lunghezza focale
Sembra impossibile ma, come per gli obbiettivi con
le lenti, è possibile stabilire esattamente la lunghezza focale con
la quale viene ripresa un immagine.
Facendo un'analogia con le reflex è come scegliere l'obbiettivo con cui riprendere l'immagine; grandangolo, normale, teleobbiettivo ecc.
Questa dimensione negli obbiettivi da ripresa è la distanza del centro
focale dell'ottica rispetto al piano dove si forma l'immagine (la pellicola)
quando l'obbiettivo è focheggiato all'infinito ed è espressa in millimetri.
Negli apparecchi a foro stenopeico succede esattamente la stessa cosa. La
lunghezza focale è la distanza esatta tra l'apertura (il forellino
stenopeico) ed il piano dove si forma l'immagine (la pellicola).
Quindi se la distanza è di 50 mm ed utilizziamo una pellicola da ripresa
del formato 24x36 mm (quella tradizionale) riprenderemo con lo stesso
angolo di un obbiettivo normale da 50 mm dei comuni apparecchi reflex.
Se la distanza fosse di 200 mm avremo delle riprese equivalenti a quelli
un bel teleobbiettivo e se invece fosse di soli 20 mm l'immagine ripresa
sarebbe uguale a quella di un grandangolo spinto.
Vediamo ora come cambia l'angolo di
ripresa mantenendo la stessa lunghezza focale al variare del formato
di ripresa.
Le considerazioni che seguono servono anche per capire come mai lo
stesso obbiettivo se viene montato su una reflex tradizionale o digitale
(quindi con il sensore più piccolo di 24x36 mm) ha una focale diversa.

Nella figura superiore è evidente che rimanendo costante
la lunghezza focale, che nell'esempio è di 50 mm, varia l'angolo di
ripresa in modo radicale in base al formato di pellicola utilizzato. Questo spiega
perché lo stesso obbiettivo su formati diversi si comporti come un
teleobbiettivo, obbiettivo normale o grandangolo.
Gli obbiettivi fatti con le lenti hanno anche un altro dato caratteristico
che non viene mai indicato e cioè il cerchio di copertura. Volendo
infatti montare un obbiettivo normale (50 mm) di una reflex su un apparecchio
di medio formato (6x6 cm) l'angolo di ripresa diventerebbe uguale a
quello di un grandangolo ma, a causa della progettazione dell'ottica,
non riuscirebbe a coprire tutto il formato e quindi i bordi del
fotogramma 6x6 cm rimarrebbero neri.
La maggior parte delle moderne ottiche per fotocamere reflex digitali
hanno una lunghezza focale che varia da 18 a 55 mm. Ma queste ottiche
se montate sulle rispettiva fotocamere reflex tradizionali non riuscirebbero
a proiettare l'immagine su tutto il formato 24x36 mm lasciando gli
angoli scuri.
Ma torniamo al nostro foro.
Anche se di una semplicità estrema il foro stenopeico non soffre questo
difetto in quanto è capace di coprire degnamente angoli di ripresa
ampissimi che si avvicinano a 120°-140° qualsiasi sia il formato
della pellicola che utilizziamo.
Passiamo ora a riprendere qualche concetto di base
sul diaframma.
Il diaframma è quell'organo che ha la funzione di regolare la quantità
di luce che deve essere proiettata sulla pellicola.
Come tutti saprete la numerazione dei diaframmi ha valore inverso alla
luce che lascia passare; mi spiego meglio, un diaframma f 2,8 (numero
più piccolo) lascia passare molta più luce di un diaframma f 4 (numero
più grande). Anzi ne lascia passare esattamente il doppio.
Tra un numero di diaframma e il suo successivo (o precedente) infatti
c'è sempre un raddoppio o un dimezzamento della superficie e quindi
della luce che lascia passare.
Se esprimiamo tutte le misure in millimetri la formula
che ci dà il valore del diaframma è la seguente:
numero di f = lunghezza focale / diametro dell'apertura
Questo significa che un obbiettivo da 50 mm di lunghezza
focale ha un apertura di f 8 quando il diametro del cerchio creato
dalle lamelle del diaframma ha un diametro di 6,25 mm.
Lo stesso numero di diaframma, f8 su un obbiettivo
di lunghezza focale di 200 millimetri corrisponde ad un cerchio di
25 mm, mentre su un grandangolo da 24 mm corrisponde ad un diametro
di soli 3 mm.
Questo spiega come mai obbiettivi molto luminosi grandangolari hanno dei diametri delle lenti picccoli e la stessa apertura di diaframma su un teleobbiettivo comporta l'adozione di lenti di grande diametro.
Il diaframma equivalente
Negli apparecchi a foro stenopeico si parla di fori
sempre molto piccoli, nell'ordine di 0.2 - 0.5 mm.
Ma
perché devono essere così piccoli?
Chi ha presente un po' le leggi ottiche degli obbiettivi
saprà certamente che diaframmando molto un ottica si aumenta moltissimo
la profondità di campo, cioè la zona nitida dell'immagine.
Questa zona si estende per circa 1/3 verso il punto di ripresa e circa
2/3 verso l'infinito rispetto al punto di messa a fuco dell'obbiettivo.
Esistono formule per calcolare l'estensione della profondità
di campo, sono un po' complicate e non servono nella trattazione di
questa parte dedicata al foro stenopeico.
Non servono perché con il foro stenopeico qualsiasi oggetto posto davati
alla fotocamera (davanti al foro) a qualsiasi distanza sarà sempre
a fuoco; sia che esso sia all'infinito o che sia a pochi millimetri dal
forellino.
Questo è dovuto all'elevato numero di "f" a cui corrisponde un foro
stenopeico. Nella maggior parte dei casi infatti si parla di f 240
o f 360.
Anche per il foro stenopeico valgono le stesse leggi
degli obbiettivi e se esprimiamo tutte le misure in millimetri la formula
che ci dà il valore del diaframma è la seguente:
numero di f = lunghezza focale / diametro
dell'apertura
Facendo un esempio pratico un foro da 0.2 mm con
una distanza tra foro e piano pellicola di 50 mm ci dà un diaframma
equivalente di f 250.
Ma quale è il miglior diametro del nostro foro stenopeico?